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I dazi di Trump


di Francesco Petrone – 21/04/2025

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Fonte: Francesco Petrone

Il disegno di Trump non è complesso e non è misterioso o difficile da capire. È ambizioso ed è un disegno da statista che non si adatta allo status quo e agli interessi già consolidati perché ha un disegno, un progetto che vorrebbe realizzare. La nuova Presidenza vorrebbe restaurare almeno in parte la struttura sociale dell’America fordiana. Il Taicun spera che imponendo dei dazi sui prodotti importati, le industrie statunitensi siano invogliate a tornare a produrre a casa propria e non ovunque nel mondo dove si spenda meno di manodopera e si paghi anche di meno di tasse in paradisi fiscali. l’America di Ford aveva un meccanismo semplice, quanto intelligente. Per compensare il tipo di lavoro, oggettivamente alienante, dato dalla diffusione del metodo della catena di montaggio, con l’innovazione del nastro trasportatore, Henry Ford ebbe una felice intuizione, dedicando una parte dei maggiori introiti dati dal nuovo metodo di produzione, investendoli in maggiorazioni sostanziose degli stipendi e della quasi sicurezza del posto di lavoro. Questo provvedimento fece aumentare i consumi interni a causa del maggior benessere diffuso capillarmente. Di conseguenza, aumentò anche la produzione in un circolo virtuoso che si era creato. Anni dopo , con l’introduzione della globalizzazione e della totale liberalizzazione del  mercato, un processo che creò una maggiore interdipendenza provocata dall’aumento esponenziale degli scambi commerciali e dal movimento dei capitali da uno Stato ad un altro, avvenne una forte svalutazione della politica, uno svilimento delle relative classi politiche, un ridimensionamento della volontà popolare e di conseguenza del sistema democratico. Un completo azzeramento inoltre della sovranità popolare base di ogni democrazia moderna. In questo epocale mutamento di prospettiva, accade che la grande finanza diviene protagonista sostituendo la figura del vecchio statista e del sociologo o politologo. Accade che molte imprese, multinazionali, fondi di investimento, capitali, ormai totalmente svincolati da ogni realtà produttiva e culturale, prendano il volo in direzione di lidi più vantaggiosi, cioè dove gli stipendi sono tenuti più bassi, i diritti dei lavoratori sono meno garantiti, l’evasione fiscale maggiormente protetta. Fu in tal modo che iniziò il triste fenomeno delle delocalizzazioni di massa con relativi licenziamenti via SMS, chiusure degli stabilimenti, casse integrazioni, col codazzo di inutili scioperi contro nessuno. In Italia, Mario Draghi, ex direttore della BCE ed ex Presidente del Consiglio, ha dichiarato apertis verbis che in modo più esplicito non si poteva, che gli stipendi in Italia sono stati intenzionalmente tenuti bassi, più che altrove, per poter esportare manufatti, nonostante il cambio dell’euro sfavorevole, dato che ora era come se si vendeva in Marchi tedeschi. Questi salari ridicoli servivano a contenere i prezzi dei manufatti e renderli appetibili ugualmente anche se di conseguenza, si contraggono i consumi interni. Praticamente fu una conseguenza della frase beffarda di Prodi quando disse agli italiani: “Con l’euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se lavorassimo un giorno in più”. I salari più bassi d’Europa ne furono l’unica conseguenza. Però, oggi con le sanzioni alla Russia, volute dalla UE e da Draghi stesso, quando era presidente del consiglio, con in più la carenza di energia dovuta al drastico rincaro del gas metano e i dazi americani, sarà dura per la nostra esportazione, a cui occorre aggiungere le spese esponenziali per gli armamenti. Il mercato interno si è ristretto non solo in Italia ma con la globalizzazione è successo con le debite proporzioni anche in Europa e negli USA i quali hanno una bilancia dei pagamenti totalmente squilibrata. Infatti gli altissimi consumi e importazioni degli americani non sono più confrontabili con le esportazioni e la classe operaia statunitense ne soffre. Anche se gli States esportano servizi legati a Internet come le infrastrutture di rete, società di hosting, provider di servizi, servizi di posta, con aziende come Google, Microsoft, Amazon, Facebook, Apple ed altro, in gran parte del mondo, non bilanciano con tutti i beni che gli USA importano e consumano. Multinazionali e imprese statunitensi producono in Canada e in Messico o in Vietnam se non addirittura in Cina per importare di nuovo nel loro Paese di origine facendo concorrenza sleale alle imprese rimaste in loco. Ecco la ragione dei dazi minacciati da Trump. Infatti il nuovo Presidente non rappresenta il capitalismo finanziario ma di è fatto portavoce del capitalismo industriale vittima in Occidente della globalizzazione, che non è quella panacea descritta da molti giullari di corte, ma è causa della creazione delle innumerevoli zone ex industriali di cui anche l’Italia è piena, nuovo fenomeno presente in ogni città. Coi dazi Trump vorrebbe contrastare una globalizzazione che sembra voler tracimare con l’ondata di piena e cercare di rilanciare la filosofia dello sviluppo dei mercati interni con eventuali aumenti anche dei salari quando siano rientrate parte delle industrie in Patria. Questa operazione però può riuscire solo contenendo un’immigrazione, attualmente senza alcun controllo, (altro fenomeno parallelo della globalizzazione). Questo perché ogni bravo economista sa che se aumenta l’offerta di manodopera addirittura non qualificata, automaticamente si abbassano i salari per una legge di mercato, un automatismo. Trump pensa che per rilanciare il mercato interno e i salari occorrono due cose: dazi che non favoriscano l’emigrazione della produzione e controllo della immigrazione che non sia troppa tanto da tenere bassi i salari bloccando le contrattazioni. In questa operazione, il presidente americano ha contro le Sinistre politiche e i sindacati, le forze che avrebbero interesse ad appoggiarlo. Invece abbiamo i cosiddetti intellettuali di sinistra anche italiani che si chiedono perché la classe operaia statunitense voti per Trump. I nostri sindacati invece con un grande analfabetismo danno a bere che i salari li debbano alzare i governi e non i mercati. Non sappiamo se il disegno di Trump sia attuabile ma è un importante tentativo della politica che vuole riprendere lo spazio che la grande finanza internazionale le aveva rubato.





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