Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano un modello innovativo e partecipativo per la produzione e gestione dell’energia da fonti rinnovabili, basato sulla collaborazione tra cittadini, associazioni, imprese ed enti locali. Tuttavia, nonostante il loro potenziale cruciale per la transizione energetica e per la diffusione di una nuova consapevolezza civica, la loro costituzione e sviluppo incontrano numerose difficoltà strutturali e ostacoli politici e burocratici. Mentre si avvicinano le scadenze legate alle misure agevolative previste dal PNRR (richiesta di contributi in conto capitale per la realizzazione di impianti all’interno di comuni piccoli ed accesso alle tariffe incentivanti), possiamo fare una sintetica descrizione (di alcune) delle difficoltà (della ‘fatica’ appunto) delle CER a diffondersi come modello di produzione e gestione dell’energia dal basso e possiamo, al contempo, indicare i motivi per i quali occorre insistere ed impegnarsi, ora più che mai, per la loro affermazione e diffusione.
La complessità delle norme e tardività dell’entrata in vigore
Il complesso normativo che costituiscono il quadro di riferimento delle CER è dato da un coacervo di disposizioni di diversa origine e di diverso rango. Norme europee e nazionali, regolamenti, circolari ed istruzioni operative ministeriali ed emanate dalle Istituzioni regolamentari e di gestione che, a vario titolo, hanno competenza in materia (GSE ed ARERA in primis). Non è semplice districarsi per i cittadini e le imprese. Non lo è stato (e non lo è) nemmeno per il legislatore e per le diverse Istituzioni competenti tant’è che le istruzioni complete sui presupposti, condizioni e modalità di costituzione e funzionamento delle CER sono state emanate poco più di un anno fa ed a queste fanno seguito i chiarimenti dati sui dubbi che di volta in volta vengono posti quando emergono nei casi applicativi concreti.
Il mancato coordinamento tra diverse norme agevolative
La complessità evidenziata al punto precedente trova una rappresentazione palese nella mancata e/o difficile attività di coordinamento fra le diverse norme agevolative previste in materia energetica relativamente alla tipologia degli interventi e/o alla natura dei beneficiari. Pensiamo alle imprese. Sono sicuramente soggetti che possono partecipare alle CER (anzi, hanno diverse caratteristiche che li rendono potenziali protagonisti delle comunità energetiche) ma che possono accedere ad altre agevolazioni quali, ad esempio, quelle della Transizione 5.0 e – per le imprese operanti nel centro sud – della ZES: quali fra queste misure sono compatibili ? come individuare concretamente l’opportunità e la convenienza (economico/finanziaria nell’ottica di una corretta e legittima valutazione aziendale) di optare per una o l’altra agevolazione? L’opzione per una misura agevolativa in che misura lascia lascia la possibilità di accedere anche alle altre? Sono solo alcune domande che le imprese si sono poste e si pongono in questi mesi e, nell’incertezza, optano (od hanno optato) per le soluzioni ‘non comunitarie’.
Le difficoltà nella impostazione e costituzione delle CER
La creazione di una CER si scontra con diversi problemi pratici e gestionali. Già dalla fase ideativa e costitutiva e, successivamente, gestionale che impone necessariamente un approccio multidisciplinare spesso assente con risultati – negativi – scontati. Approccio necessario ai fini, ad esempio: a) della esatta configurazione in termini di dimensionamento e rapporto tra membri consumatori, produttori e produttori-consumatori (cd prosumer) ai fini di un corretto bilanciamento tra produzione e consumo condiviso (presupposto per ottenere i massimi benefici) ;b) della scelta del modello giuridico, come associazione o cooperativa, e della gestione delle adesioni (in una organizzazione caratterizzata, per legge, dal c.d. principio della porta aperta); c) della corretta gestione della comunità energetica una volta costituita: richiede una informazione trasparente ed un coinvolgimento dei cittadini, oltre a competenze specifiche per la gestione economica, tecnica e sociale della comunità stessa dei flussi economici e finanziari tra i componenti della CER e la Cer stessa e tra questa ed i soggetti terzi (passaggi particolarmente problematici), che necessitano di competenze adeguate .
La complessità e l’eccessiva burocrazia
Uno degli ostacoli più rilevanti è rappresentato dall’eccessiva burocrazia, che rallenta o blocca la costituzione e la crescita delle CER. La mole di dati richiesti – ancor più, ad esempio, per accedere ai finanziamenti del PNRR destinati ai piccoli comuni – rende il processo farraginoso e scoraggiante, ancor più per i cittadini e le comunità che non hanno competenze tecniche approfondite.
La contrarietà delle grandi aziende energetiche
Le cosiddette “big dell’energia” si mostrano spesso contrarie o comunque poco favorevoli allo sviluppo delle CER (se non a quelle create e gestite da loro ed interpretate, ovviamente, come uno dei modelli di business speculativi messi in campo) in quanto queste comunità rappresentano un modello decentralizzato e partecipativo che potrebbe ridurre il loro controllo sul mercato energetico. Le CER mettono infatti in discussione il tradizionale modello di produzione e distribuzione centralizzata dell’energia, promuovendo una democratizzazione della produzione energetica che può ridurre notevolmente il potere delle grandi aziende.
La contrarietà politica reale dietro le dichiarazioni di facciata
Nonostante le dichiarazioni ufficiali di sostegno, la politica sembra opporsi sostanzialmente alla diffusione delle CER, come dimostra la mancata semplificazione delle procedure burocratiche e la lentezza nell’adeguamento normativo. Se vi fosse un reale interesse, infatti, le norme sarebbero state semplificate per facilitare l’accesso ai benefici e la costituzione delle comunità. Al contrario, la complessità delle procedure e la frammentazione delle competenze tra enti diversi (Ministero, GSE, ARERA, distributori) ostacolano il processo.
La contrarietà sostanziale delle istituzioni comunali
Le istituzioni comunali, che dovrebbero essere tra i principali attori e beneficiari delle CER, spesso mostrano resistenze. Questo perché una CER rappresenta una comunità dal basso che gestisce, controlla e programma un bene comune essenziale come l’energia, richiedendo , questo, una maggiore consapevolezza e attenzione alla gestione pubblica. La presenza di una CER implicando un confronto costante tra la gestione della comunità energetica e la gestione pubblica locale, può mettere in discussione prassi consolidate e richiedere un impegno attivo e trasparente da parte delle amministrazioni.
Le altalenanti strategie europee e nazionali in tema energetico e di energie rinnovabili in particolare
Da ultimo non si può non segnalare quello che, a mio giudizio, costituisce la ragione principe delle difficoltà indicate (e delle altre ancora che, nell’economia e logica della presente riflessione, non sono state indicate) : le non univoche, altalenanti e, spesso, contradditorie politiche e strategie europee e nazionali in tema di energie (rinnovabili in particolare). Politiche e strategie che hanno avuto ed hanno – non si può nascondere – origine anche dai fatti e dagli eventi che dal 2020 interessano il mondo intero e l’Europa in particolare: la pandemia da COVID e la guerra in Ucraina con tutte le conseguenze, tra le altre, in ambito energetico. Le politiche che avevano dato il via in ambito internazionale, mondiale e poi europeo, alla c.d. transizione energetica con l’abbandono delle fonti fossili e l’abbattimento della CO2 si sono scontrate con una crisi economica e con una impressionante – persino incredibile – caduta delle capacita dei governi di contrastare le richieste di chi – imputando alle politiche ambientali la causa della crisi economica – chiede di allentare o, addirittura, revocare le misure che prevedono il passaggio graduale verso un economia reta dall’energia pulita. Questo cambio di passo avviene da diverso tempo in Europa ed in Italia; il punto scatenante è stata la crisi del settore automobilistico. Con l’elezione di Trump e le sue scelte scellerate (nei termini e modalità prima ancora – ed in alcuni casi più anche – del merito) il cambio di passo sta diventando cambio di paradigma. In Italia, proprio in questi giorni si parla di sospendere la chiusura delle centrali a carbone (principale fonte di inquinamento). In questo contesto molti sono portati a vedere le CER come inutili sul piano energetico e, quindi (persino) come perdita di tempo occuparsene e le misure di sostegno ed agevolazioni (anche le proroghe dei termini per chiedere le agevolazioni) possono essere definite misure di ‘apparenza’ non di sostanziale sostegno!
L’importanza delle CER per la transizione energetica e la cittadinanza attiva
La problematica segnalata da ultimo per spiegare la ‘fatica’ delle CER impone un’affermazione decisa che non può essere lasciata nel dubbio né, tantomeno, può essere abbandonata alle irrazionali decisioni di governi e governanti che tutto hanno a cuore meno che gli interessi dei cittadini, delle imprese e dell’ambiente dove questi ultimi vivono ed operano: la transizione energetica deve essere perseguita senza ripensamenti perché rappresenta la condizione essenziale per la sopravvivenza dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda.
Detto ed affermato questo, le CER sono fondamentali per una vera transizione energetica, poiché favoriscono la diffusione capillare delle energie rinnovabili e la partecipazione diretta di cittadini e imprese alla produzione e gestione dell’energia. Esse rappresentano un modello di comunità collaborativa che va oltre la semplice produzione energetica, promuovendo una nuova forma di cittadinanza attiva, consapevole e responsabile. L’energia è un bene comune essenziale per la vita e lo sviluppo economico, e la sua gestione condivisa contribuisce a contrastare la povertà energetica ed a generare economie locali sostenibili. Le tecnologie – nei sistemi di produzione, realizzazione, controllo e gestione – possono, peraltro, contribuire efficacemente all’equilibrio complessivo del sistema energetico nazionale.
La loro diffusione richiede un impegno per superare i limiti temporali e territoriali fissati dalla normativa attuale per l’accesso ai benefici delle CER. È necessario estendere l’applicazione e semplificare l’accesso a tutte le comunità interessate. Le CER devono essere riconosciute come paradigma per la nascita di nuove forme di cittadinanza attiva e per la gestione partecipata dei beni comuni, superando le barriere burocratiche e politiche che ne frenano lo sviluppo. Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una sfida e un’opportunità strategica per il futuro energetico e sociale del Paese. La loro diffusione richiede un impegno deciso anche per superare le difficoltà burocratiche, le resistenze politiche e istituzionali che prima abbiamo elencato e per valorizzare il ruolo attivo dei cittadini e delle comunità locali nella gestione di un bene comune fondamentale come l’energia. Solo così sarà possibile realizzare una transizione energetica realmente democratica, sostenibile e partecipata contrastando, al contempo – con ed attraverso la consapevolezza che emerge dal percorso di diffusione delle CER – ogni forma di speculazione a danno dei cittadini ed imprese; speculazioni non più ammissibili …ancor più se hanno ad oggetto un bene comune essenziale come l’energia!
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