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Desertificazione commerciale – Saturno Notizie


Una delle frasi che vanno più di moda negli ultimi anni è “stiamo assistendo a una desertificazione commerciale”: ma cosa vuol dire? Come è facile intuire, la frase si riferisce alle tante chiusure di negozi che si stanno verificando negli ultimi anni, in particolare nei centri storici. Nei giorni scorsi anche le categorie economiche del commercio hanno lanciato l’allarme dopo che sono stati resi noti i numeri di questo fenomeno: tra il 2012 e il 2024, in Italia, sono spariti quasi 118mila negozi al dettaglio e 23mila attività di commercio ambulante. Unico segno positivo riguarda la crescita delle attività di alloggio e ristorazione (+18.500). Nello stesso periodo si registra una forte crescita di imprese straniere, ma che in molti casi hanno vita breve. I settori merceologici più colpiti sono quelle dei libri, giocattoli, mobili, ferramenta e abbigliamento. Questi sono i numeri ma vediamo quali sono i motivi di questo fenomeno e le possibili soluzioni. La crisi del commercio tradizionale viene da lontano, oramai sono una decina di anni che è iniziato questo fenomeno, causato principalmente dalla profilazione della grande distribuzione e delle vendite tramite internet. Un fenomeno che ha avuto una vera impennata durante e dopo il Covid, quando non potendo uscire di casa gli acquisti online hanno avuto una crescita importante. Se a questi fenomeni si sommano il costo degli affitti, diventati esorbitanti, i prezzi di gas e luce che salgono ogni giorno (poi le società gestori si vantano di ricavi record nei loro bilanci, forse allora ci sarebbe spazio per calmierarli?) e una tassazione vergognosa, la frittata è fatta. Personalmente credo che uscire da questa situazione non sia semplice. Soprattutto “non esistono soluzioni semplici per problemi complessi”. Forse si potrebbe rallentare con interventi pubblici che permettano di poter far “respirare” quelle attività che ancora resistono, ma se prosegue questo trend, sarà veramente dura mantenere la saracinesca aperta. La desertificazione commerciale rappresenta quindi un elemento di depauperamento economico e sociale dei centri urbani che rischia di trasformarsi in un vero e proprio declino delle città. E’ un fenomeno che va contrastato con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività. La politica dovrebbe tenere in considerazione questo fenomeno, perché il piccolo commercio è molto di più della semplice vendita è vivibilità delle città, presidio contro il degrado e la delinquenza, oltre che attrattività turistica. Sarebbe quindi importante la rigenerazione degli spazi pubblici, rafforzare il coinvolgimento delle economie di prossimità e delle loro rappresentanze nella rigenerazione delle aree degradate, attuata attraverso interventi di trasformazione fisica delle infrastrutture. Anche se non facile sarebbe importante attivare accordi tra Comuni e proprietari dei locali, per definire canoni di locazione calmierati, in particolare nei quartieri e nei quadranti più fragili e rendere accessibili gli immobili anche alle imprese nascenti o in difficoltà. Questi accordi possono anche contribuire alla riqualificazione dei luoghi, promuovono un uso più efficiente del patrimonio immobiliare esistente e riducono i rischi per tutti gli attori in campo. Importante sarebbe anche la riqualificazione dei nostri centri storici, migliorando l’accessibilità dei luoghi e l’ottimizzazione degli interventi di arredo urbano. Come detto in precedenza, calmierare il costo degli affitti, sarebbe sicuramente importante e allora qui dovrebbe intervenire la politica nazionale, magari estendendo anche agli affitti non abitativi l’opzione fiscale della cedolare secca, contenuta nella misura del 10%.

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UN PROBLEMA GRANDE AFFRONTATO IN MANIERA BANALE

Un problema serio come quello del commercio è spesso affrontato in maniera leggera dai “leoni e leonesse” delle tastiere nei social. Rimanendo nel locale, tra Sansepolcro e Città di Castello o Anghiari e Bagno di Romagna, solo per citare alcune realtà, le differenze non esistono, tutti stanno soffrendo questo fenomeno senza confini territoriali. Fatevene una ragione, non sempre l’erba del vicino è migliore e magari invece dei soliti attacchi alle persone, fatevi portatori di progetti che possano in qualche modo dare ossigeno a questa problematica. Vivere di ricordi e “rivangare” quello che era la nostra economia di qualche decennio fa serve a poco, il passato è storia (cosa che io amo molto perché ci fa capire da dove siamo venuti) la realtà ci permettere una qualità della vita dignitosa. Il progresso è difficile da fermare e quindi anche le piccole realtà lo devono “cavalcare”, altrimenti una società che cambia così velocemente ci emargina.

Chiudo qui questo mio pensiero, con una riflessione personale: sono nato e vissuto da sempre a Sansepolcro e quindi ho visto tutti i suoi cambiamenti. Sono ormai “grande” ma fin da piccolo, anche abitando in periferia, ho sempre frequentato il centro storico, prima con le famose “vasche”, poi come un cittadino che ha sempre pensato che acquistando nella città in cui vivi, i soldi che spendi creano un volano economico locale. Anch’io sono un nostalgico di quando le traverse del “Corso” erano gremite di botteghe artigiane, da gruppetti di anziani a cui noi ragazzi chiedevamo consigli, dei profumi e degli odori che venivano dalle cucine delle abitazioni (senza contare il profumo dei Nipiol che provenivano dalla Buitoni, noi degli anni ’60 siamo cresciuti con lo zuppotto fatto con questi biscotti) dalle canzoni che cantava la gente mentre cucinava o si facevano la barba, bene tutto questo non esiste più ma dobbiamo prenderne atto. Oggi camminando nei vicoli del centro storico biturgense si sentono odori orientali e musiche provenienti da Paesi lontani, un chiaro segnale di cambiamento anche degli abitanti che vivono all’interno delle mura della Città di Piero e non dico questo perché voglio discriminare qualcuno, sono da sempre favorevole ad accogliere tutte le persone che vengono nel nostro Paese a lavorare e cercano di integrarsi, un po’ meno per chi vuole vivere solo di “rendita”. Ovviamente se cambiano le persone che abitano i centri storici cambiano anche i consumi e qui forse riusciamo a capire il perché nei dati diffusi dalle categorie del commercio le uniche attività che crescono sono quelle gestite da stranieri.





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