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Digitalizzazione a metà: l’agrifood corre, le app per la sostenibilità restano indietro


L’innovazione digitale traina la crescita del settore agroalimentare italiano, ma la sostenibilità passa ancora poco dalle app. È quanto emerge dalla nuova ricerca “Agrifood: la sfida della sostenibilità digitale”, presentata dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale in occasione di TUTTOFOOD Milano, il principale evento fieristico dedicato all’agroalimentare.

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Il digitale spinge l’agrifood, ma la sostenibilità resta poco “smart” per gli italiani

Secondo lo studio, ben il 67% degli italiani riconosce alla tecnologia digitale un ruolo chiave nello sviluppo dell’agrifood, confermando come strumenti innovativi possano migliorare efficienza, tracciabilità e impatto ambientale lungo tutta la filiera. Tuttavia, il ricorso alle app e alle soluzioni digitali per promuovere pratiche più sostenibili rimane ancora limitato, soprattutto tra le generazioni più mature.

Generazioni a confronto: chi guida il cambiamento?

Il divario generazionale è netto. La Generazione Z (18-28 anni) e i Millennial (29-44 anni) si confermano i più attivi e consapevoli nell’uso delle tecnologie in chiave sostenibile: il 48% dei giovani Z e il 33% dei Millennial si dichiarano utenti digitali impegnati sulla sostenibilità. A differenza, tra i Baby Boomer (61-75 anni) prevale la distanza: 3 su 4 non utilizzano app nemmeno per prenotare un ristorante o un hotel.

Eppure, in modo forse sorprendente, anche i Baby Boomer riconoscono il valore della digitalizzazione per il settore: il 71% di loro, infatti, ammette che le tecnologie rappresentano un contributo fondamentale per la crescita dell’agrifood, un dato in linea con quello della Generazione Z.

Un’agricoltura da record, ma servono più competenze digitali

I dati economici parlano chiaro: il 2024 è stato un anno record per l’agricoltura italiana, che ha conquistato il primo posto nell’Unione Europea per valore aggiunto (42,4 miliardi di euro, superando Spagna, Francia e Germania). L’intera filiera agroalimentare ha generato un fatturato di 586,9 miliardi di euro, contribuendo per il 19% al PIL italiano.

Numeri che dimostrano la forza del comparto, ma che evidenziano anche la necessità di rafforzare la cultura digitale tra agricoltori, imprese e consumatori. Come sottolinea Stefano Epifani, Presidente della Fondazione:

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“La tecnologia è un catalizzatore di cambiamento, ma serve una cultura digitale condivisa per sfruttarne pienamente il potenziale. Oggi non basta superare il digital divide anagrafico: occorre anche colmare quello tematico e informativo, adattando linguaggi e strumenti alle esigenze di tutte le generazioni.”

Il potenziale c’è, ma resta inespresso

Nonostante il crescente entusiasmo verso il digitale, la ricerca evidenzia che la cultura della sostenibilità attraverso le tecnologie non è ancora radicata. Troppi italiani, indipendentemente dall’età, ignorano le potenzialità di applicazioni e piattaforme dedicate a rendere l’economia agroalimentare più circolare, trasparente e green.

Anche tra i più giovani, infatti, emergono margini di miglioramento: sebbene più digitalizzati, sia i Millennial sia la Generazione Z mostrano lacune nell’utilizzo di strumenti pensati specificamente per promuovere pratiche sostenibili.

Una sfida culturale prima che tecnologica

La sfida, dunque, non è solo tecnica, ma profondamente culturale: promuovere un uso consapevole e mirato delle tecnologie digitali in tutte le fasce della popolazione. Solo così l’Italia potrà sfruttare pienamente il doppio motore di innovazione e sostenibilità, consolidando il primato conquistato nell’agrifood europe

La ricerca: analisi degli strumenti digitali più utilizzati

  1. Siti ed applicazioni di food delivery (Glovo, JustEat, ecc…): il 25 % degli italiani non conosce i servizi di food delivery, mentre il 39 % pur conoscendoli, non li utilizza. Solo il 26 % ne fa un uso regolare, mentre per un ulteriore 10 % questi servizi non sono disponibili nella propria zona di residenza. Questa disparità di utilizzo può essere legata a diversi fattori, tra cui una maggiore disponibilità di opzioni di consegna, un’offerta più ampia di ristoranti o una fiducia più elevata nei servizi digitali nelle aree urbane rispetto ai piccoli centri. L’analisi generazionale evidenzia differenze significative: i più giovani, in particolare i Millennial e la Generazione Z, si dimostrano più digitalizzati e attivi sul fronte della sostenibilità. Tra loro, solo il 12 % dei Millennial e il 18 % della Generazione Z dichiara di non conoscere siti o app di delivery. Al contrario, le fasce più mature, Generazione X e Baby Boomer, risultano meno inclini all’uso delle tecnologie digitali e meno sensibili ai temi della sostenibilità. Tra i Baby Boomer, infatti, il 46 % non conosce alcun servizio di food delivery, una percentuale che si attesta al 20 % per la Generazione X.
  2. App di prenotazione on-line di ristoranti e alberghi on-line di ristoranti e alberghi (Booking, Expedia, Tripadvisor, AirBnB, ecc…): l’analisi conferma le differenze generazionali già emerse rispetto ai servizi di food delivery che vedono i giovani (Generazione Z e Millennial) conoscere ed utilizzare maggiormente gli strumenti digitali rispetto alle generazioni più mature (Generazione X e Baby Boomer) anche se, relativamente al tema delle prenotazioni online di ristoranti e alberghi, la ricerca rileva una maggiore conoscenza e un più importante utilizzo da parte di tutte le fasce di popolazione analizzate. Le app di prenotazione vengono utilizzate dal 52 % degli appartenenti alla Generazione X, dal 42 % dei Millennial e dal 41 % della Generazione Z. La percentuale scende drasticamente tra i Baby Boomer, dove solo il 22 % ne fa uso. Allarmante il dato relativo a quest’ultimo gruppo: il 45 % non conosce queste app e ben il 74 % non le utilizza: praticamente 3 Baby Boomer su 4! Nonostante una diffusione più generalizzata rispetto ad altri strumenti digitali, le app di prenotazione online confermano le forti disparità generazionali nell’adozione delle tecnologie. Il dato sui Baby Boomer evidenzia una barriera culturale e tecnologica che rischia di escludere una fetta rilevante della popolazione da queta tipologia di servizi, sempre più diffusi.
  3. App di prenotazione on-line di ristoranti e alberghi che danno importanza alla sostenibilità (FairBnB, Cityaround, ecc.): per quanto riguarda la conoscenza e all’adozione delle app di prenotazione online per ristoranti ed alberghi incentrate sulla sostenibilità, permangono le differenze tra generazioni già evidenziate: i giovani utilizzano molto il digitale e sono molto sensibili al tema della sostenibilità, a differenza delle persone più mature che usano poco le tecnologie digitali e non danno molta importanza alla sostenibilità. I ragazzi della Generazione Z, con il 23%, sono quelli che utilizzano maggiormente le app di prenotazione on-line di ristoranti e alberghi che danno importanza alla sostenibilità, seguiti dal Millennial con il 17%, dalla Generazione Z al 15% e, fanalino di coda, i Baby Boomer al 9%.
    Da segnalare il basso utilizzo, in termini assoluti, di queste app: l’uso regolare medio fra tutti i cluster si attesta infatti al solo 11%.
  4. App e piattaforme di scambio di prodotti in scadenza con i vicini (es. MyFoody o gruppi di quartiere): molto bassa la frequenza d’uso anche delle app di scambio di prodotti in scadenza con i vicini. In generale, il 52% degli italiani non conosce affatto queste app ed il 28% degli intervistati, pur conoscendole non le può utilizzare perché non disponibili nell’area di residenza. L’adozione regolare di queste app risulta bassa in tutti i cluster analizzati, con solo il 3% dei ragazzi della Generazione Z che ne fa un utilizzo regolare, contro l’1% dei Baby Boomer. Un utilizzo scarso di app e piattaforme per lo scambio di prodotti in scadenza, rappresenta un’occasione mancata per ridurre lo spreco alimentare e promuovere pratiche di economia circolare attraverso il digitale. Questo frena il potenziale della tecnologia come leva di sostenibilità ambientale e sociale, indebolendo al contempo le reti di collaborazione tra i cittadini.
  5. App che monitorano la scadenza dei prodotti e aiutano a preparare una lista della spesa ragionata (es. UBO): Bassa la conoscenza e la frequenza d’uso anche delle app che monitorano la scadenza dei prodotti e aiutano a preparare una lista della spesa ragionata. In media, 1 italiano su 2 non conosce queste app. Un dato allarmante, se si pensa che a non conoscerle è il 67% dei  Baby Boomer e il 48% della Generazione X. Praticamente coloro che più di tutti si occupano dell’acquisto di beni e servizi per la propria famiglia e che normalmente lo fanno proprio attraverso la preparazione di apposite liste.  La scarsa adozione di queste app alimenta lo spreco alimentare e l’impatto ambientale lungo tutta la filiera. Allo stesso tempo, questa bassa diffusione limita il potenziale dell’ecosistema digitale sostenibile, accentuando il divario generazionale proprio tra chi guida le scelte d’acquisto familiari.
  6. App o tecnologie per ottenere informazioni sui prodotti alimentari  (RFiD, QR Code, ecc.): dall’analisi dei dati emerge un forte divario generazionale nella conoscenza e nell’uso di app e tecnologie per informarsi sui prodotti alimentari. I Baby Boomer sono i meno informati (59 % dichiara di non conoscerle) e quelli che le utilizzano di meno: soltanto il 12 % le adotta regolarmente, mentre il 26 %, pur conoscendole, non le usa, contro una media complessiva dei quattro cluster del 36 % di non conoscenza e del 32 % di non utilizzo. Le generazioni più giovani, invece, mostrano una maggiore dimestichezza:  il 31 % dei Millennial e il 25 % della Generazione Z le utilizzano con continuità, seguiti dalla Generazione X al 26 %.
  7. App che propongono ricette inserendo l’elenco dei prodotti in scadenza disponibili in casa (es. Plant Jammer): non sono conosciute da 1 italiano su 2 e non sono utilizzate, oltre che conosciute, dal 78% della popolazione.  Ancora una volta i Baby Boomer sono la generazione che meno utilizza queste app, solo il 2% di essi, con il 67% che non ne conosce neppure l’esistenzaI più virtuosi, ancora una volta, sono i ragazzi della Generazione Z che, per il 22%,  le utilizzano. Significativo che anche per loro, una buona parte di questa generazione, il 38% non conosca affatto l’esistenza di questa tipologia di app.



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