Per generazioni ci siamo tramandati il mito del “posto fisso” nella pubblica amministrazione come unica garanzia di stabilità e sicurezza lavorativa. Una narrazione tanto radicata che persiste anche quando si cerca di smontarla, come dimostra l’ultima, discussa campagna sul “posto figo“. Eppure, dati e storie raccontano una realtà ben diversa: il lavoro pubblico può diventare, soprattutto per le nuove generazioni, un’opportunità per contribuire attivamente al benessere collettivo.
Il mito del posto fisso e il nuovo servizio digitale nella PA
La narrazione sulla sistemazione stabile è così radicata che si fa fatica a modificarla, anche se dati e storie ci dimostrano che la realtà funziona da tempo diversamente. Mi ha colpito un post pubblicato su LinkedIn da Gianni Dominici, ad di Fpa ForumPA, all’indomani della presentazione dell’ultimo Annual Report di Fpa, un prezioso contributo a un racconto più fedele e sfidante per l’intero Paese. I media continuano a raccontare la PA, ormai “a colori”, con lo stereotipo del posto fisso attrattivo.
Credo che il punto di svolta stia in un concetto essenziale: il lavoro non è un “posto”, ma un “servizio”. Chi opera nella pubblica amministrazione non occupa semplicemente una posizione, ma svolge una funzione cruciale per la comunità.
La famosa battuta di “Quo vado?” di Checco Zalone (“Da grande voglio fare il posto fisso”) evidenzia uno stereotipo da superare. La realtà è che proprio la pubblica amministrazione è oggi il campo in cui si gioca una delle sfide più importanti per il futuro del Paese: rendere i servizi pubblici realmente accessibili, inclusivi ed efficienti grazie alla digitalizzazione.
L‘intelligenza artificiale al servizio di una PA più accessibile
Il fine ultimo della trasformazione digitale non è l’innovazione fine a se stessa, ma il miglioramento concreto della vita delle persone. Oggi, strumenti avanzati come l’intelligenza artificiale generativa offrono l’opportunità di ripensare radicalmente il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione.
La digitalizzazione rappresenta un’opportunità senza precedenti per trasformare il funzionamento della pubblica amministrazione, ma è necessaria anche una riorganizzazione dei modelli di interazione con i cittadini. L’adozione di un approccio “user centric”, basato sulle reali esigenze delle persone, è cruciale per evitare che la trasformazione digitale si traduca in un’ulteriore complessità burocratica.
Un problema diffuso nella digitalizzazione della PA è la cosiddetta “smaterializzazione incompleta”: molti processi digitali continuano a richiedere stampe cartacee o la presenza fisica degli utenti per la loro conclusione. Questa frammentazione riduce i benefici della digitalizzazione, aumentando anziché riducendo il carico burocratico.
Un caso emblematico è il processo per ottenere il contrassegno per disabili, che spesso obbliga a un’alternanza tra piattaforme digitali e documentazione cartacea, senza un percorso chiaro e uniforme. Questo dimostra che chi progetta i servizi digitali spesso non è chi, nella vita quotidiana, si occupa della gestione delle pratiche burocratiche, con il rischio di trascurare le reali esigenze degli utenti.
Eliminare le barriere nei servizi digitali della PA
Credo sia stato Franco Bomprezzi, giornalista e attivista per i diritti delle persone con disabilità, tra i primi a invitare politici e cittadini a “fare un giro in carrozzina” per comprendere le difficoltà legate alle barriere architettoniche nelle città. Servirebbe un’operazione culturale di questo genere anche per le barriere digitali: “fate un giro tra i siti web” per scoprire gli ostacoli a una navigazione accessibile per un cittadino che voglia sbrigare le sue pratiche online. Ad esempio, sapete cos’è un “servizio di allegazione”? È una delle espressioni, di derivazione giuridica, che usa ancora l’Inps per dialogare con i cittadini. Se cercate sul sito come allegare un documento non trovate nulla, finché non usate il termine esatto “allegazione”.
Quando parliamo di rinnovare la comunicazione della pubblica amministrazione dobbiamo intendere almeno due dimensioni: deve essere semplificata in modo profondo e reale il registro comunicativo usato nei siti web. Serve un linguaggio chiaro e interfacce davvero intuitive, in modo da garantire che nessuno venga escluso dai servizi pubblici essenziali. Poi deve cambiare anche il modo in cui raccontiamo la pubblica amministrazione, che non riguarda solo la trasmissione di servizi, ma anche il racconto di valori, progetti, persone e storie. Chi sono le persone che lavorano nella pubblica amministrazione? Cosa fanno e cosa le spinge a scegliere questo mestiere? Quanto è appagante e appassionante il loro lavoro?
Convinti che sia urgente una nuova narrazione che dia spazio all’innovazione nei servizi, attraverso storie e valori, abbiamo cominciato a raccontare sul sito mondodigitale.org le storie delle persone che incontriamo nelle attività formative, non solo sul territorio, ma anche online, come parte di un ecosistema sempre più orientato verso l’innovazione nei servizi.
Perché serve una formazione agile per la PA
L’effettiva trasformazione digitale della pubblica amministrazione non può compiersi senza un cambiamento profondo delle competenze e delle abitudini lavorative. Non bastano le grandi riforme o gli investimenti in tecnologie: serve una formazione continua, agile e accessibile, che accompagni i dipendenti pubblici nel comprendere e usare consapevolmente gli strumenti digitali, come l’intelligenza artificiale.
Il videocorso IA4PA. L’intelligenza artificiale al servizio della pubblica amministrazione, progettato dalla Fondazione Mondo Digitale con Microsoft Italia nell’ambito del programma Ital.IA Lab, si inserisce esattamente in questa prospettiva. Pensato per un pubblico con “media esposizione IA”, propone contenuti di facile fruizione da smartphone, tablet o pc, attraverso moduli brevi e tematici, con un approccio narrativo e pratico, capace di parlare a chi lavora ogni giorno nella PA, tra scadenze, procedure e responsabilità crescenti. Ogni sezione del corso introduce esempi concreti, strumenti pratici e riflessioni etiche, per comprendere le potenzialità dell’intelligenza artificiale nella semplificazione delle pratiche, nell’interazione con i cittadini, nella personalizzazione dei servizi e nella trasparenza delle decisioni pubbliche. Con uno stile ironico e coinvolgente, il format aiuta a familiarizzare con concetti come machine learning, modelli generativi, audit algoritmico e AI Act, fornendo al tempo stesso strumenti immediatamente applicabili.
Il corso si chiude con un invito a considerare l’IA non come un compagno di scuola da cui copiare, ma come un compagno di squadra con cui allenarsi. Perché il vero obiettivo non è solo aumentare la produttività individuale, ma migliorare il servizio: più accessibile, più inclusivo, più umano.
Verso una cultura del servizio digitale inclusivo nella PA
Dobbiamo fare formazione per avere più persone in grado di ideare e realizzare soluzioni inclusive, capaci di affrontare problemi complessi con approcci sostenibili. La sfida è il servizio inclusivo digitale – SID, se vogliamo usare una sigla facile da ricordare – che implica anche una nuova cultura organizzativa: orientata alla responsabilità, alla sperimentazione, all’uso consapevole dei dati. Una cultura imprenditoriale nella PA, intesa come capacità di valutare i rischi e di assumersi la responsabilità delle scelte, per costruire valore pubblico in modo più efficace e partecipato.
La digitalizzazione della PA non è solo un’innovazione tecnologica, ma un cambiamento culturale che richiede un ripensamento dei modelli di governance pubblica. Per costruire una pubblica amministrazione più moderna, efficiente e inclusiva è necessario un approccio integrato che metta al centro le persone, investa nella formazione del personale e promuova la partecipazione attiva della cittadinanza.
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