L’inizio del 2025 ha visto l’Iraq alle prese con una situazione politica interna complessa, segnata dalle incertezze sugli equilibri politici in vista delle elezioni del prossimo autunno e dalla crescente tendenza a gestire i dossier più divisivi in modo sempre più transazionale tra i vari blocchi, con il rischio di favorire ulteriormente la polarizzazione etno-settaria nel paese. Intanto, la regione del Kurdistan (Kri) permane in una fase intermedia tra la transizione e lo stallo, segnata dalla lenta formazione del governo regionale e gli annosi negoziati per la ripresa delle esportazioni petrolifere attraverso la Turchia. Sul fronte delle relazioni esterne, mentre iniziano a farsi sentire in Iraq le conseguenze delle prime decisioni di politica estera della presidenza Trump, capire come relazionarsi con Damasco rappresenta una priorità per Baghdad, soprattutto nello scenario di un potenziale riemergere dello Stato islamico (IS) al confine siro-iracheno.
Quadro interno
Nel primo trimestre del 2025 il parlamento iracheno è stato impegnato nella gestione di alcuni dossier legislativi complessi e divisivi, che hanno generato tensioni tra le componenti politiche e all’interno delle stesse, rallentando l’attività parlamentare e minacciando in alcuni casi anche una paralisi politica.
A fine gennaio il parlamento ha votato nel corso della stessa sessione un pacchetto composto da tre provvedimenti legislativi piuttosto controversi: l’emendamento alla Legge sullo status personale n. 188 del 1959, l’emendamento alla Legge sull’amnistia generale n. 27 del 2016 e la Legge sulla restituzione delle terre[1].
L’approvazione delle modifiche alla Legge sullo status personale è giunta dopo mesi di dibattito a livello politico e nella società civile irachena e internazionale a causa del potenziale impatto negativo che potrebbe avere sui diritti delle donne e delle minori irachene[2]. L’emendamento ha aperto la strada affinché la comunità sciita si doti di un codice che regoli il diritto di famiglia secondo la propria giurisprudenza attraverso una corte religiosa che dovrebbe deliberare nel corso dei prossimi mesi. A differenza di quanto ipotizzato con versioni precedenti dell’emendamento circolate negli scorsi mesi prima dell’approvazione, queste dinamiche non interesseranno la comunità sunnita, cui continuerà ad applicarsi il codice di famiglia civile, con maggiori tutele dunque per la componente femminile della comunità. Un fatto positivo che, insieme ad alcune garanzie introdotte per limitare i matrimoni minorili, va leggermente a migliorare un quadro a tinte fosche. Di fatto, la legge rappresenta una seria minaccia per i diritti delle donne in materie quali eredità, custodia dei figli e condizioni economiche in seno al matrimonio, e più in generale nel percorso di affermazione dell’uguaglianza di genere[3]. Accanto alle rivendicazioni in ambito di diritti umani, l’approvazione di questa legge formalizza inoltre la divisione settaria della società irachena, creando un pericoloso precedente[4].
Questo emendamento, sostenuto dalla coalizione governativa sciita del Coordination Framework (CF) per accattivarsi il sostegno dell’elettorato sciita più conservatore in vista delle prossime elezioni parlamentari, è infine stato approvato legandolo a due altri provvedimenti rivendicati rispettivamente dalla comunità arabo-sunnita e da quella curda. Un precedente, questo, che a sua volta esacerba la polarizzazione della società su linee etnico-settarie, seppur dal punto di vista politico.
Il primo di questi, la modifica della Legge sull’amnistia generale – anch’essa al centro di un acceso dibattito in seno alla società irachena – figurava tra i motivi per cui i partiti arabo-sunniti nel 2021 decisero di sostenere il governo del premier Mohammed Shia al-Sudani[5]. Di là dall’obiettivo dichiarato di trovare una soluzione per le condizioni di sovraffollamento delle prigioni irachene, che ospitano 67.000 detenuti su una capacità di 25.000, e di risolvere “ingiustizie giudiziarie” concedendo l’amnistia a coloro che sono condannati per crimini minori, l’emendamento consente ai condannati per reati gravi – tra cui il reato di terrorismo, che principalmente (ma non solo) riguarda i detenuti sunniti – di richiedere nuovi processi che potrebbero portare a una modifica o cancellazione della loro pena. Tali nuovi processi potrebbero interessare sino a 30.000 detenuti sunniti, con preoccupazioni diffuse per la sicurezza nazionale da un lato[6], e per il proseguimento della lotta contro la corruzione dall’altro[7].
La Legge sulla restituzione delle terre, rivendicata invece delle comunità curda e turkmena e precedentemente osteggiata dalla comunità arabo-sunnita[8], ha lo scopo di regolamentare la riconsegna delle proprietà agricole sequestrate sotto il regime di Saddam Hussein ai loro precedenti proprietari nella provincia di Kirkuk, – territorio conteso tra il Governo regionale del Kurdistan (Krg) e il governo federale iracheno, che ne ha ripreso il controllo nel 2017 –, il che ha generato dissenso per l’omissione all’interno del provvedimento delle terre sequestrate dal precedente regime nel centro e nel sud del paese[9]. Il giorno prima della pubblicazione del testo legislativo sulla Gazzetta ufficiale, un distretto della provincia di Kirkuk è stato oggetto di scontri tra i cittadini curdi che si erano presentati per rivendicare le loro terre e l’esercito iracheno preventivamente schieratosi in quelle stesse zone. Un episodio, questo, severamente condannato dalla leadership curda e ora oggetto di un’indagine indetta dal premier al-Sudani, e che mette in luce ancora una volta le problematiche tra Baghdad ed Erbil rispetto ai cosiddetti territori contesi[10].
Di là dal carattere più o meno conflittuale di questi tre provvedimenti, il rischio di questo modus operandi è che l’attività legislativa diventi una pratica puramente transazionale, facendo passare in secondo piano l’interesse nazionale e favorendo ulteriore polarizzazione etno-settaria a salvaguardia degli interessi delle diverse élite[11]. Il processo di voto del suddetto pacchetto legislativo sarebbe stato inoltre soggetto a varie irregolarità, che hanno generato numerose proteste tra i parlamentari e motivato una raccolta di firme per la dimissione del presidente del parlamento Mahmoud al-Mashhadani[12], nominato lo scorso ottobre dopo una paralisi politica di quasi un anno.
Il rischio di questi sviluppi per la giovane democrazia irachena è reale, tanto che le forze sciite del CF avrebbero ipotizzato di far avanzare una controversa legge sulla struttura e sul funzionamento del Comitato a capo delle Unità di mobilitazione popolare (Pmu) unendola in un pacchetto legislativo con altre norme di interesse specifico per le forze curde e arabo-sunnite[13].
Nelle scorse settimane, il nodo da sciogliere ha riguardato in particolare l’età pensionabile dei funzionari di alto livello, che potrebbe implicare la fine del mandato di alcune personalità apicali delle Pmu. Tra le personalità a rischio di pensionamento vi è Faleh al-Fayyad, presidente del suddetto comitato e alleato del premier al-Sudani, la cui età ha ormai superato il limite indicato per il pensionamento. In questo quadro, l’approvazione della legge si è trasformata in uno strumento per legittimare rivalità e lotte di potere interne non solo alle Pmu[14], ma più in generale in seno alla coalizione di governo. Dopo settimane di dibattito, la proposta di legge è infine stata ritirata per scongiurare un ulteriore stallo politico-legislativo[15], per poi essere sostituita a fine marzo da una nuova versione che non fa alcuna menzione della questione del pensionamento[16].
Le tensioni rispetto a questo dossier hanno contribuito a far emergere interrogativi sull’eventuale tenuta dell’attuale coalizione governativa sciita in occasione delle elezioni del prossimo ottobre[17]. Un interrogativo che a sua volta apre a varie speculazioni rispetto alle alleanze alternative che potrebbero tenere in piedi un governo di unità nazionale. In questo quadro, l’ago della bilancia potrebbe essere un eventuale (paventato per mesi, ma di recente direttamente smentito) ritorno in campo di Muqtada al-Sadr, vincitore relativo delle elezioni nel 2021. La candidatura di al-Sadr, attraverso il rinnovato Movimento nazionale sciita, avrebbe il potenziale di muovere le masse in campo sciita e cambiare gli equilibri, portando alla creazione di nuovi blocchi elettorali[18].
A gennaio, svariate forze arabo-sunnite si sono unite nella Unified Sunni leadership coalition, che al momento rappresenta il blocco sunnita con più seggi in parlamento[19]; rimane da vedere se questa coalizione si presenterà come tale alle elezioni. Per quanto riguarda invece la comunità curda, l’attuale processo di formazione del Krg avrà un impatto anche sulle alleanze che si stringeranno in campo curdo in vista dell’appuntamento elettorale nazionale.
Proseguono infatti i negoziati tra il Partito democratico del Kurdistan (Kdp) e l’Unione patriottica del Kurdistan (Puk), i due partiti che hanno ottenuto più consensi durante le elezioni regionali tenutesi a ottobre 2024 nella Kri con due anni di ritardo. Nella seconda metà di marzo le leadership di entrambi i partiti hanno dichiarato di aver raggiunto un accordo su una visione comune per la regione e di aver assegnato quasi tutte le posizioni in capo al governo regionale, con il premierato in mano al Kdp, e la presidenza al Puk[20]. L’accordo alla base del futuro governo dovrebbe includere anche l’intesa finale sull’unificazione delle forze Peshmerga[21], richiesta di lunga data anche di Stati Uniti e Unione europea.
Per quanto riguarda invece le relazioni tra Baghdad ed Erbil, su spinta del premier al-Sudani[22] a inizio febbraio il parlamento ha approvato un emendamento alla legge di bilancio che stabilisce nuovi accordi in merito alla compensazione finanziaria per barile di petrolio che il Goi dovrà conferire al Krg – che, in seguito alla produzione, dovrebbe consegnare il petrolio direttamente a Baghdad, centralizzandone così l’esportazione. L’approvazione dell’emendamento ha alzato le aspettative rispetto a una risoluzione delle controversie legate alla gestione del budget tra Goi e Krg, nonché rispetto alla ripresa delle esportazioni petrolifere dal Kri verso la Turchia, ferme da ormai due anni[23]. Nonostante questi sviluppi, a fine marzo le esportazioni erano ancora in stallo a causa del proseguimento dei negoziati sulle clausole tecniche con le compagnie petrolifere straniere operanti nel paese[24].
Relazioni esterne
A poco più di due mesi dal suo insediamento, la politica della presidenza statunitense di Donald Trump in Medio Oriente sta già avendo ripercussioni su Baghdad, con riferimento innanzitutto alla campagna di massima pressione verso l’Iran che il presidente in carica ha dichiarato di voler ripristinare a febbraio[25]. In questo quadro, Trump ha immediatamente interrotto l’autorizzazione, rinnovata ciclicamente sin dal suo primo mandato, che permetteva all’Iraq di comprare elettricità dall’Iran senza incorrere in sanzioni statunitensi. Non è ancora chiaro con che severità Washington intenderà far rispettare questa misura, che va a colpire direttamente solo una piccola percentuale dei consumi iracheni di elettricità. Tuttavia, la questione potrebbe farsi ben più problematica se il provvedimento fosse esteso alle ben più consistenti importazioni irachene di gas naturale dall’Iran[26].
In ogni caso, Baghdad si è attivata con vari partner regionali e non – tra cui Giordania[27], Turkmenistan[28], Turchia[29] e Algeria[30] – per diversificare e salvaguardare la sicurezza energetica nazionale. Ciò è chiave per il governo anche al fine di scongiurare massicce proteste popolari dovute all’indisponibilità della corrente elettrica durante l’estate, che potrebbero generare malcontento in vista delle elezioni e giocare a favore di forze dalla connotazione più populista come il blocco sadrista.
D’altro canto, le spinte di Washington atte a ridurre al minimo l’influenza iraniana sull’Iraq passano anche per l’esortazione a dissolvere le Pmu, in linea con l’amministrazione statunitense precedente. Ciò è emerso anche nella telefonata di metà marzo del premier al-Sudani con il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth che ha inoltre avvertito Baghdad che qualsiasi supporto delle milizie irachene filo-iraniane verso gli houthi porterebbe a una risposta militare da parte di Washington[31]. Durante un recente incontro a Baghdad con le forze del CF e i leader delle milizie sciite, un comandante della Forza Quds (componente del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica incaricata delle operazioni all’estero) avrebbe espresso lo stesso monito al fine di evitare un’escalation nella regione. È seguendo questa linea che, secondo alcune fonti, gli houthi avrebbero chiuso il proprio ufficio a Baghdad[32] – uno sviluppo, tuttavia smentito dal governo iracheno, che avrebbe negato qualsiasi presenza del gruppo nel paese[33].
Nel frattempo, la decisione di Trump di ridurre i fondi destinati alla cooperazione internazionale rischia, tra le altre cose, di avere un impatto indiretto sulla sicurezza nazionale irachena, con particolare riferimento a quanto sta avvenendo nel campo profughi siriano di al-Hol, nel quale si trovano anche migliaia di individui e famiglie precedentemente affiliati a IS. Tra le 40.000 persone di svariate nazionalità presenti nel campo, almeno 14.000 sarebbero di nazionalità irachena; negli ultimi mesi, a fronte del deteriorarsi delle condizioni nel campo e della transizione politica in Siria, Baghdad ha accelerato le procedure di rimpatrio, cercando di gestire un fenomeno che, se fuori controllo, potrebbe determinare rischi per la sicurezza nazionale[34]. Tuttavia, i piani iracheni di completare questi rimpatri entro il 2025 sembrano ostacolati dai tagli dei fondi all’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid), dai quali dipende la gran parte delle organizzazioni che gestiscono il campo. Non solo: i fondi statunitensi in questione sono vitali anche per il funzionamento del campo iracheno di al-Jadaa, dove le autorità di Baghdad portano i returnees per la loro riabilitazione[35]. Inoltre, nel caso Washington dovesse ritirare le proprie truppe dalla Siria, come paventato tra gennaio e febbraio, si teme che campi come quello di al-Hol possano piombare nel caos, con potenziali rischi per la sicurezza dell’intera regione a breve e medio termine[36].
Scongiurare le minacce derivate da un possibile riemergere di IS in Siria, complice caos e vuoti di potere nell’attuale quadro di transizione politica, è infatti un’assoluta priorità per Baghdad; ciò si riflette nei dibattiti rispetto all’eventualità di cambiare i piani di ritiro dall’Iraq della Coalizione internazionale a guida americana per la lotta contro IS. Secondo le tempistiche approvate nel 2024 tale ritiro dovrebbe concludersi entro settembre 2025 mentre le operazioni delle forze militari della Coalizione in territorio siriano continueranno a fare base in Iraq sino a settembre 2026[37]. Dal punto di vista ufficiale nulla è cambiato né dal lato iracheno né da quello americano; tuttavia, sembra che in seguito alla caduta del regime di Assad persino le forze sciite al governo – che prima spingevano per un ritiro della Coalizione – ora ne temano le conseguenze[38]. Intanto, continuano le operazioni congiunte del Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) e delle forze armate irachene contro IS; a metà marzo, una di queste ha portato alla morte del presunto numero due del gruppo, Abu Khadijah, responsabile della logistica, pianificazione e finanziamento delle operazioni a livello globale[39].
La lotta contro il terrorismo e le questioni di sicurezza rimangono inoltre prioritarie nel processo di costruzione delle relazioni dell’Iraq con il nuovo governo siriano; dopo un primo periodo di presa di distanze da parte di Baghdad i rapporti sembrerebbero ora avviarsi con cautela. La motivazione della riluttanza irachena nel rapportarsi con la nuova Siria è da ricercarsi innanzitutto nelle dinamiche che legavano Baghdad al regime di Assad, con particolare riferimento al sostegno delle milizie irachene filo-iraniane a Damasco nel quadro della guerra civile siriana; le ferite aperte del paese con l’estremismo sunnita sembrano inoltre determinare una certa diffidenza verso le forze di Hay’at Tahrir al-Sham (Hts) alla guida del nuovo governo[40].
Lo sviluppo della relazione con Damasco si configura inoltre come particolarmente delicato anche rispetto ai rapporti con Teheran, che con la caduta di Assad ha perso un grande alleato del suo asse regionale, e che starebbe cercando di ricalibrare la propria influenza in Siria alla luce dei nuovi equilibri di potere nel paese[41]. Negli scorsi mesi, le fazioni irachene più vicine all’Iran si sono fortemente opposte a missioni ufficiali dei rappresentanti del nuovo governo siriano in Iraq, tanto che la visita del ministro degli Esteri siriano ad interim, As‘ad al-Shaybani, avvenuta infine a metà marzo, era stata precedentemente rimandata per presunte minacce da parte delle milizie irachene filo-iraniane[42].
Il carattere polarizzante di questo dossier è stato dimostrato anche dagli episodi di violenza contro alcuni cittadini siriani in Iraq che hanno seguito i violenti scontri avvenuti a inizio marzo sulla costa siriana tra le nuove forze di sicurezza siriane e i lealisti del regime di Assad, che hanno portato al massacro di centinaia di civili alawiti nel quadro di un preoccupante episodio di violenza su base settaria[43]. Le tensioni in Iraq, oggetto di investigazione da parte delle autorità di Baghdad, sarebbero avvenute per mano di un inedito gruppo armato sciita filo-iraniano; un episodio, questo, che sembrerebbe confermare come stiano emergendo nuove milizie vicine all’Iran ma esterne alle Pmu[44].
La visita di al-Shaybani a Baghdad si è focalizzata sull’importanza della cooperazione siro-irachena in materia di sicurezza, inclusa ovviamente la lotta contro IS; in questo quadro, il ministro degli Affari esteri iracheno Fuad Hussein ha dichiarato l’intenzione di creare un centro di coordinamento bilaterale tra i due paesi[45]. In occasione dell’incontro sono state discusse anche le potenzialità commerciali dei rapporti tra Baghdad e Damasco; a tal fine, al-Shaybani ha sottolineato le necessita di riaprire il confine siro-iracheno, chiuso dall’Iraq in seguito alla caduta del regime di Assad[46].
Intanto, rimane da capire se e in che capacità Damasco parteciperà al 34° Summit della Lega araba che si terrà il prossimo 17 maggio a Baghdad[47]. Il summit, dove si discuteranno temi quali cooperazione economica, stabilità e sicurezza nella regione, rappresenterà un momento chiave nel quadro degli sforzi iracheni per affermare il proprio ruolo centrale nelle dinamiche regionali[48]. Gli stessi temi potrebbero essere al centro anche di una terza edizione della Baghdad conference for cooperation and partnership, della cui organizzazione al-Sudani starebbe discutendo con il presidente francese Emmanuel Macron[49].
Per quanto riguarda infine le relazioni irachene e curdo-irachene con la Turchia, l’annuncio da parte del leader Abdullah Öcalan dello scioglimento del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e l’invito ai suoi miliziani ad abbandonare le armi potrebbe rappresentare una svolta nelle relazioni tra Ankara, Baghdad ed Erbil. Infatti, il Pkk ha sinora mantenuto basi sui monti dell’Iraq settentrionale dalle quali ha ripetutamente lanciato attacchi verso la Turchia, e contro le quali negli ultimi anni Ankara ha intrapreso diverse operazioni militari, generando peraltro tensioni rispetto alla violazione della sovranità territoriale irachena. Se tanto il Kdp, più vicino alla Turchia, quanto il Puk, spesso accusato da Ankara di vicinanza con il Pkk, avrebbero accolto positivamente la notizia come propedeutica per pace e stabilità nella regione, rimane da capire se e come l’esortazione di Öcalan sarà accolta dai vari gruppi sul campo e che impatto tutto ciò avrà sulla politica turca verso il Kri, dove Ankara mantiene delle basi militari[50].
[1] “Iraq’s Controversial Laws Legislation: What We Know So Far”, Shafaq News, 25 febbraio 2025.
[2] L.S. Martini, “Iraq: Alla ricerca di nuovi equilibri”, in Focus Mediterraneo allargato n. 9, ISPI (a cura di) per Osservatorio di politica internazionale del Parlamento italiano e Maeci, gennaio 2025, pp. 37-44.
[3] L.S. Martini, “From Personal Status to General Amnesty: A Controversial Political Process in Iraq”, theSquare – Mediterranean Centre for Revolutionary Studies, marzo 2025; L.S. Martini, “The Amendments to Iraq’s Personal Status Law: What is at Stake from a Human Rights and Political Perspective?”, theSquare – Mediterranean Centre for Revolutionary Studies, ottobre 2024.
[4] M. Alshamary, “Iraq considers drastic changes to family law”, Brookings, 16 agosto 2024.
[5] “Sunni blocs push for General Amnesty Law, reject political trade-offs”, Shafaq News, 21 ottobre 2024.
[6] “Iraq amnesty could free prisoners convicted of fighting for IS”, The New Arab, 23 gennaio 2025.
[7] “Parliamentary ‘horse-trading’ over divisive laws sparks backlash in Iraq”, Amwaj.media, 29 gennaio 2025.
[8] “Sunni MPs stall new Iraqi law on Ba’ath-era land transfers”, Amwaj.media, 13 novembre 2024.
[9] “Hopes for property returns, calls for nationwide inclusion in Restitution Law”, Shafaq News, 25 gennaio 2025.
[10] “Multi-ethnic Kirkuk rocked by clashes as Kurdish farmers claim land ownership”, Amwaj.media, 25 febbraio 2025; “PM Sudani orders probe into Iraqi army clashes with farmers in Kirkuk”, Rudaw, 18 febbraio 2025. .
[11] L.S. Martini, “From Personal Status to General Amnesty: A Controversial Political Process in Iraq”…, cit.
[12] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: January 23-30”, 23 gennaio 2025.
[13] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: February 20- 27”, 27 febbraio 2025; “Iraq’s PMF Service and Retirement Law: Is political exploitation inevitable?”, Shafaq News, 1 marzo 2025.
[14] H. Malik e M. Knights, “Iraq’s PMF Law Is No Substitute for Real Security Reform”, The Washington Institute for the Near East Policy, 17 marzo 2025.
[15] H. Mustafa, “Iraqi PM Suspends Popular Mobilization Forces Retirement Law”, Asharq al-Awsat, 12 marzo 2025.
[16] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: March 20- 27”, 27 marzo 2025.
[17] “Debate on change within PMU puts spotlight on Shiite division in Iraq”, Amwaj.media, 18 febbraio 2025.
[18] “Gathering with ex-MPs turbocharges talk of Sadr’s return to Iraqi politics”, Amwaj.media, 12 marzo 2025.
[19] “Can the New Sunni Coalition in Iraq Succeed, Like the Shiite Framework?”, Al-Estiklal Newspaper, gennaio 2025.
[20] “KDP, PUK reach agreement on new KRG government”, Shafaq News, 18 marzo 2025.
[21] “KRG government positions “almost settled” after KDP-PUK talks”, Shafaq News, 16 marzo 2025.
[22] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: January 23-30”, 30 gennaio 2025.
[23] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: January 30-February 6”, 6 febbraio 2025.
[24] A. Salem, “Baghdad pushes to resume Iraqi Kurdistan’s oil exports to Turkey’s Ceyhan”, Iraqi News, 18 marzo 2025; J, Lee, “APIKUR Pushes for Agreement to Resume Kurdistan Oil Exports”, Iraq Business News, 11 marzo 2025.
[25] The White House, “Fact Sheet: President Donald J. Trump Restores Maximum Pressure on Iran”, 4 febbraio 2025.
[26] “Deep Data: US ends Iraq’s Iran electricity waiver, stoking crisis and opportunity”, Amwaj.media, 10 marzo 2025.
[27] A. Salem, “Second phase of Iraq’s electrical link with Jordan to be finished in July ”, Iraqi News, 26 marzo 2025.
[28] “Iraq electricity ministry to visit Turkmenistan to initiate gas imports”, Rudaw, 14 marzo 2025.
[29] A. Salem, “Second phase of Iraq’s electrical link with Jordan to be finished in July”, Iraqi News, 26 marzo 2025.
[30] “Iraq nears LNG deal with Algeria amid gas supply shake-up”, Middle East Monitor, 19 marzo 2025.
[31] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: March 13-20”, 20 marzo 2025.
[32] A. Saray, “Sources: Qaani Warns Iraqi Factions against Provoking the Americans”, Asharq al-Awsat, 22 marzo 2025.
[33] D. T. Memny, “Iraq rejects reports of Houthi presence in Baghdad”, The New Arab, 24 marzo 2025.
[34] O. al-Shamree, “Stepped-up repatriation of ‘IS families’ presents opportunities, risks for Iraq”, Amwaj.media, 5 marzo 2025.
[35] A. Qadir, “Baghdad may halt al-Hol repatriations after USAID funding cuts”, Rudaw, 15 febbraio 2025.
[36] “Security vs. Humanity: Iraq’s struggle with ISIS repatriation”, Shafaq News, 16 febbraio 2025.
[37] United States Department of State, “Joint Statement Announcing the Timeline for the End of the Military Mission of the Global Coalition to Defeat ISIS in Iraq – United States Department of State”, 27 settembre 2024.
[38] Q. Abdul-Zahra e A. Sewell, “Regime change in Syria has Iraqi factions backtracking on push for US withdrawal, AP News, 31 gennaio 2025.
[39] US CENTCOM, “CENTCOM Forces Kill ISIS Chief of Global Operations Who Also Served as ISIS #2”, 14 marzo 2025.
[40] S. Shamsulddin, “Why the United States must bridge the Iraq-Syria divide – Atlantic Council”, Atlantic Council, 19 marzo 2025.
[41] H. Azizi, “Iran’s fragmented strategy: between exploring ties with Damascus and cultivating alternative centres of power”, in L. Toninelli (ed.), “Syria’s New Rulers and Minorities: Clash or Compromise?”, ISPI Med This Week, ISPI, 13 marzo 2025; “Regional Responses to the New Government in Syria”, Rasanah, 20 gennaio 2025.
[42] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: February 27 – March 6”, 6 marzo 2025.
[43] EPIC – Enabling Peace in Iraq Center, “Iraqi Security and Humanitarian Monitor: March 6-13”, 13 marzo 2025.
[44] “Novel Shiite armed groups in Iraq draw ridicule, calls for crackdown”, Amwaj.media, 26 marzo 2025.
[45] Ministry of Foreign Affairs of the Republic of Iraq, “Deputy Prime Minister and Foreign Minister Receives Syrian Foreign Minister to Discuss Regional Security and Joint Coordination”, 14 marzo 2025.
[46] “Syrian foreign minister visits Iraq, calls for reopening of border”, Reuters, 14 marzo 2025.
[47] Iraq uncertain on Syria’s Al-Sharaa attendance at Baghdad Summit, Shafaq News, 1 marzo 2025.
[48] “Iraq prepares to host Arab League 34th summit”, Rudaw, 6 marzo 2025.
[49] “Al-Sudani, France’s Macron discuss regional stability, counterterrorism in phone call”, 964media, 16 marzo 2025.
[50] D. T. Memny, “While Ocalan’s call for PKK disarmament was welcomed by Iraqi Kurdish politicians, public scepticism remains”, The New Arab, 28 febbraio 2025; F. Gnetti, “Come la decisione di Öcalan può cambiare le cose in Siria e Iraq”, Internazionale, 6 marzo 2025.
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