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Tlc, una politica industriale per sostenere il passaggio a TechCo


Tlc, il grande malato: Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, torna a ribadire il suo punto di vista sull’industria delle telecomunicazioni in una serie di post su LinkedIn in cui presenta e riporta i capitoli del suo libro “La connessione che manca – il futuro delle telco riguarda tutti noi”.

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“Lavoro nelle telecomunicazioni da quasi trent’anni. Le ho viste crescere, esplodere, innovare. Le ho viste creare valore, connettere persone, rivoluzionare abitudini. Ma oggi, con la stessa onestà con cui guardo i risultati di un bilancio, devo dire che il settore è in crisi. Una crisi silenziosa, che non fa notizia, ma che riguarda tutti”, scrive Labriola. “Sì, perché senza reti solide e sostenibili, il digitale si ferma. E se si ferma il digitale, si ferma l’Italia. È così semplice. Ma quasi nessuno lo dice chiaramente. Per questo ho deciso di scrivere questo libro: per spiegare, con parole semplici, perché le Telco devono cambiare, e perché questo cambiamento riguarda ognuno di noi. Non solo manager, investitori, politici. Ma anche il ragazzo che studia con lo smartphone, il genitore che lavora in smart working, l’imprenditore che affida tutto ai dati. Anche i clienti di Tim, che ogni giorno ci affidano qualcosa di essenziale: la fiducia”.

In questo contesto, secondo anticipazioni di stampa, il Governo starebbe studiando un pacchetto di aiuti governativi al settore delle Tlc da circa 600 milioni anche se, appare chiaro, la crisi è ampia e strutturale.

Labriola e la crisi “silenziosa” delle Tlc: “Più si investe, meno si guadagna”

La crisi delle Tlc è silenziosa, scrive Labriola, ma scava, mese dopo mese, nei bilanci delle aziende e nelle possibilità del Paese. Negli ultimi anni, il settore telco è stato travolto da un paradosso: più si investe, meno si guadagna.

“Abbiamo speso miliardi per costruire reti 5G, per portare la fibra ovunque, per garantire servizi sempre più affidabili e performanti. Ma i ricavi non crescono. Anzi, in molti casi diminuiscono. In Italia, i prezzi delle offerte telefoniche sono tra i più bassi d’Europa. Bene per i consumatori? Non proprio. Se un’azienda non copre nemmeno il costo del servizio che offre, quella ‘convenienza’ ha le gambe corte. Perché la qualità si abbassa, gli investimenti rallentano, l’innovazione si ferma. E quando a fermarsi è l’infrastruttura che tiene in piedi il digitale – cioè tutto – il danno non lo paga solo chi lavora nel settore. Lo pagano tutti”, scrive Labriola.

L’AD di Tim evidenzia la competizione esasperata nel settore delle Tlc che distrugge il valore rendendo il mercato insostenibile. “Manca una cosa: educazione economica di base sul ruolo delle telecomunicazioni”, secondo Labriola. E allora “Abbiamo un compito: far capire a tutti che le Telco non sono commodity, non sono ‘tubi’ da riempire, ma abilitatori del futuro. E che dietro una connessione ci sono persone, tecnologia, investimenti, competenze”.

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Appello al consolidamento. Serve una politica industriale

Solo il consolidamento nelle Tlc può ribaltare il quadro, prosegue Labriola: in Europa, ricorda l’AD, nel 2000 c’erano otto grandi operatori di telecomunicazioni, mentre oggi sono più di 40.

“Un numero che fa pensare a un mercato dinamico, competitivo, vivace. Ma è solo un’illusione. Perché in realtà, questa frammentazione ha portato un effetto boomerang: troppi investimenti duplicati, troppa dispersione di risorse, zero scala. E nel frattempo, i big globali – quelli veri – ci guardano da fuori e ringraziano”, scrive Labriola. E ancora: “Avere meno operatori non significa avere meno scelta. Significa avere aziende più solide, con più capacità di investimento, con una visione industriale di lungo periodo. Significa non sprecare risorse in dieci reti parallele. Significa investire meglio, costruire più in fretta, innovare di più. Significa evitare che ogni euro vada in promozioni aggressive anziché in infrastrutture. E per essere chiari: non sto dicendo che servono sussidi, ma regole eque e la libertà di crescere”.

Quello di Labriola è una chiamata alla politica industriale: “Il consolidamento non può essere lasciato solo alle dinamiche di mercato. Serve una politica industriale europea, che favorisca la nascita di campioni continentali. Serve una Commissione europea che non tema di scegliere. Che abbia il coraggio di dire che una rete efficiente vale più di dieci inefficienti. E serve una visione”.

Da Telco a TechCo, il cambiamento necessario

La Telco tradizionale è finita. Non perché sia fallita, ma perché non è più sufficiente, prosegue Labriola.

“I clienti oggi non vogliono solo ‘essere connessi’. Vogliono sentirsi sicuri, vogliono risparmiare tempo, vogliono avere un’esperienza fluida tra device, cloud, casa, lavoro, intrattenimento. Vogliono soluzioni, non solo giga”, scrive l’AD di Tim. “E allora, se non cambiamo approccio, se non andiamo oltre la semplice connettività, saremo sostituibili. Non dai competitor, ma da aziende che operano in altri settori, più veloci, più integrate, più capaci di costruire ecosistemi”.

Per essere rilevanti nel prossimo decennio, dunque, le Telco devono trasformarsi in piattaforme. Non solo fornitori di rete, ma abilitatori di servizi: cloud, sicurezza, identità digitale, smart home, salute, intrattenimento, dati per la pubblica amministrazione, supporto alle Pmi.

Connettere le persone è stato, per anni, il nostro mestiere degli operatori Tlc, ma oggi non basta. Serve accompagnare nella complessità del digitale, essere un partner di fiducia.

“Questo è il salto: da erogatori di connettività a partner di vita digitale. È la nostra sfida, ma anche la nostra occasione”, sottolinea Labriola. “In Tim lo stiamo già facendo. Siamo passati dalla corsa ai clienti alla costruzione di piattaforme verticali per famiglie, imprese e Pa. Stiamo investendo in cloud, cybersecurity, IoT, e nei nostri data center. Non più solo connessione: valore aggiunto. E i numeri ci stanno dando ragione. Siamo l’unica Telco italiana con il ricavo medio per cliente in crescita. Perché quando offri di più, puoi chiedere di più. E il cliente lo capisce, se lo spieghi bene”.

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Aiuti alle Tlc, il Governo potrebbe stanziare 600 milioni

Quanto all’eventuale pacchetto di aiuti governativi al settore delle Tlc da circa 600 milioni, di cui parla Radiocor, ci sarebbero dei voucher per pmi e cittadini e sostegni per l’adozione delle tecnologie emergenti. Si tratterebbe di risorse provenienti dai fondi di coesione e sviluppo.

Una buona parte della cifra dovrebbe riguardare i voucher per le pmi al fine di acquistare servizi come cybersecurity e cloud. Tra le ipotesi c’è anche quella di voucher per i lavori di adeguamento per la posa della fibra dentro gli appartamenti.

Lo studio sulle misure da applicare è ancora in corso in vista dell’incontro del 24 aprile quando è previsto il tavolo di confronto con il ministro Adolfo Urso e la ministra del Lavoro Marina Calderone sul settore Tlc. Un comparto in crisi, quello delle telecomunicazioni, che, al contempo, è chiamato a investire per consentire la transizione digitale. Un settore che Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, ha definito “un malato terminale” per cui una delle cure è quella del consolidamento tra gli operatori sul mercato.

La riunione del 24 aprile, come annunciato da una nota, avrà la finalità di condividere obiettivi e modalità per una gestione strutturale della fase di transizione che il settore sta affrontando. Al tavolo sono stati invitati a partecipare i rappresentanti delle associazioni di categoria e dei sindacati.

Uilcom parteciperà al tavolo con il segretario generale Salvo Ugliarolo “per rappresentare con forza le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto, sempre più colpiti da processi di riorganizzazione, riduzione del personale, esternalizzazioni e precarizzazione”.

“La situazione delle telecomunicazioni è diventata insostenibile”, dichiara Ugliarolo “Servono risposte concrete, investimenti strutturali e un piano industriale nazionale che rimetta al centro il lavoro, le competenze e la qualità dei servizi. Non possiamo più assistere passivamente a decisioni aziendali che scaricano sulle persone il peso delle trasformazioni tecnologiche e di mercato”.

Durante l’incontro, si legge in una nota, la Uilcom “ribadirà con forza la necessità di salvaguardare l’occupazione e il perimetro contrattuale; valorizzare il ruolo strategico del settore nelle politiche industriali del Paese; garantire tutele adeguate ai lavoratori coinvolti nei processi di cambiamento”.

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Per il sindacato “È urgente che il Governo e il Ministero del Lavoro riconoscano il Contratto Collettivo delle Telecomunicazioni (Ccnl Tlc) come contratto di riferimento per l’intera filiera delle Tlc, e in particolare per le imprese operanti nei settori del Crm e Bpo”.

La Uilcom “si aspetta inoltre che venga formalmente riconosciuto il Ccnl Tlc come contratto di riferimento per la gestione degli appalti, sia nel settore privato che nella Pubblica amministrazione, al fine di contrastare fenomeni di dumping contrattuale e garantire condizioni di lavoro dignitose e omogenee in tutto il comparto. La convocazione del tavolo è un primo passo importante. La Uilcom auspica l’apertura di un confronto strutturato, costante e trasparente tra Governo, sindacati e imprese, per costruire insieme un futuro stabile e innovativo per il settore delle telecomunicazioni”.

Telco per l’Italia accende i riflettori su crisi e futuro

Delle prospettive dell’industria delle telecomunicazioni in uno scenario sempre più denso di sfide si i discuterà al prossimo Telco per l’Italia – “Oltre le reti: da TelCo a TechCo per costruire il futuro dell’Italia” – l’evento CorCom-Nextwork360 in programma a Roma il prossimo 11 giugno.

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