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Imprese, Mercer: snodo delle competenze rischio per la crescita – Economia e Finanza


(Teleborsa) – Il rischio maggiore per la crescita delle imprese è l’aggiornamento e la riqualificazione delle skill (41%) per stare al passo con le richieste dei clienti e con l’evoluzione dei modelli di business e delle tecnologie trasformative. È quanto emerge dallo studio Executive Outlook 2025 di Mercer, business di Marsh McLennan, condotto su 400 manager a livello globale, tra cui 175 CEO, 101 CFO e 124 C-1 (membri del senior management in riporto diretto ai C-level).

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Tale fattore – coerente anche con la carenza di talenti rievidenziata dopo tempo dall’Executive Opinion Survey del WEF 2024 – supera di gran lunga gli altri rischi. Al secondo posto, a pari merito (25%) sono stati indicati l’incapacità di sfruttare appieno il potenziale della tecnologia (in primis l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale) e l’impatto dell’economia della longevità, considerando che nel 2025 il numero di lavoratori a livello globale che andranno in pensione supererà quello complessivo degli ultimi dieci anni.

Come guidare, quindi, al meglio le organizzazioni per il loro sviluppo?

Si assiste prima di tutto a un ritorno ai fondamentali di business: l’84% degli executive chiederà di concentrarsi sull’efficienza e in questa dinamica l’utilizzo dell’IA e l’automazione dei processi per migliorare la produttività dei dipendenti è l’attività che si prevede avrà il maggiore impatto sulla razionalizzazione dei costi. Nel rafforzamento e ottimizzazione del core business, tra i percorsi da esplorare e prendere in considerazione sono state indicate al primo posto (64%) joint venture e partnership e il 55% (rispetto al 33% di tre anni fa) ha dichiarato di voler incrementare le attività di fusione e acquisizione.

“Il mercato del lavoro è sempre più povero non solo di lavoratori, ma anche di competenze. Colmare lo skill gap collegato alle trasformazioni di alcune filiere produttive e al divario di innovazione in cui si trova l’Europa e l’Italia, in particolare, è tra i principali punti chiave per il rilancio della competitività. La sfida sul capitale umano è ingente, ma non può che passare da una profonda revisione dei sistemi professionali e dei modelli di competenze in relazione alla produttività e dei relativi processi di valutazione, miglioramento e riconoscimento. Servono poi investimenti per programmi di formazione continua e di sviluppo di skill digitali, che affrontino insieme anche la riduzione della popolazione in età da lavoro con nuove strategie di gestione intergenerazionale, di talent attraction & management più inclusive e di total reward che premino l’adozione di nuove tecnologie – ha commentato Marco Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia –. Tante transizioni convergenti, compresa quella energetica, un un quadro economico complesso rappresentano un motore trasformativo così dirompente da portare a valutare anche operazioni straordinarie. La tendenza sembra indicare la necessità di rafforzarsi per poter affrontare in modo più solido sia i cambiamenti di business che di risorse umane in corso e perduranti anche nel prossimo futuro. Con un’accortezza necessaria; solo le transizioni alimentate e basate sulle competenze e sul wellbeing delle persone avranno successo”.

Tra i fattori di rischio quelli demografici (tra allungamento della vita personale e lavorativa, people scarcity e mismatch, in Italia ormai al 50%) richiedono alle imprese un’evoluzione fondamentale nel modo di affrontare i pensionamenti e il ruolo delle generazioni senior nelle dinamiche e nel benessere della workforce.

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Otto intervistati su 10 ritengono che la leadership potrebbe fare di più; solo il 35% delle organizzazioni proporrà opzioni di pensionamento graduale, considerando la positiva influenza della permanenza di un lavoratore – con relative competenze e know how – e non dell’età, sui risultati finanziari dell’azienda.

In parallelo si apre il tema della gestione multigenerazionale della workforce con bisogni ed esigenze differenziati cui rispondere, da un lato tramite la leva dei benefit, dall’altra con quella dell’equità.

La pay transparency sarà un banco di prova per le aziende europee, ma a livello globale la maggior parte dei manager afferma che, mentre le loro organizzazioni sono sulla strada della trasparenza retributiva, hanno dubbi sulla capacità delle imprese di affrontare efficacemente le incongruenze retributive che potrebbero essere messe in luce (65%).

COMPETENZE E TALENTI PER L’AGILITÀ ORGANIZZATIVA

Tali cambiamenti, insieme alla disruption dell’Intelligenza Artificiale, spingono inoltre verso modelli operativi più agili; l’agilità stessa della forza lavoro è una delle tre priorità aziendali e il 79% degli executive ha bisogno di maggiore agilità anche nei processi di selezione dei talenti per indirizzarli verso le priorità aziendali (importante cambiamento rispetto al 2022, quando il 63% affermava che il proprio modello di workforce era sufficientemente agile da consentire la rotazione dei talenti da un’area all’altra). Al tempo stesso il 76% afferma che l’incertezza dell’impatto della GenAI sulla forza lavoro ha reso più difficile la gestione dei talenti a lungo termine. “Nell’accelerazione della sfida imposta dall’AI, solo l’adozione di un approccio al talento e al reward basato sulle competenze consente sia la flessibilità necessaria, sia la mobilità e la valorizzazione dei medesimi favorendo la cultura dell’apprendimento continuo – continua Morelli –. In questo contesto si inserisce, quindi, la necessità di riqualificazione e aggiornamento come rischio strategico da affrontare per la crescita del business, per un corretto match dei talenti e relative skill con le priorità aziendali”.

LA SFIDA DEI LEADER; EQUILIBRIO TRA BREVE E LUNGO TERMINE

In un anno in cui più che mai, la performance complessiva dipenderà dalla capacità delle aziende di cambiare rapidamente rotta man mano che le condizioni di mercato evolvono, un tema è la leadership non sempre allineata. L’81% degli executive ritiene che i leader fatichino a bilanciare la pianificazione strategica di lungo termine con le esigenze operative di breve periodo. “Alcune capacità e tratti di leadership aiutano meglio a destreggiarsi in contesti così volatili e discontinui come quelli degli ultimi anni. Una leadership che si prepara all’incertezza è una leadership che riduce il rischio di disruption rendendo più resilienti la propria organizzazione e la forza lavoro. I leader più efficaci saranno quelli più abili nel concentrarsi sulle aree di maggiore impatto, pur mantenendo la visione necessaria per adeguarsi all’emergere di nuovi rischi e al cambiamento delle priorità – prosegue Morelli –. È importante migliorare anche le loro competenze nell’esecuzione della strategia, nella gestione delle performance e nel people management perché le organizzazioni siano guidate da leader decisi e in sintonia non solo tra loro, ma con l’intera forza lavoro. Senza questa sinergia, dove al centro permanga la responsabilità per una redditività di lungo periodo, le aziende faticheranno a raggiungere i livelli organizzativi necessari per realizzare gli obiettivi di crescita”. Comunicare una visione chiara è, inoltre, l’abilità più citata (71%) per una leadership efficace, in stretta relazione anche con un altro rischio strategico da fronteggiare, la possibile mancanza di benessere delle persone.

L’AI NEI PROCESSI DI BUSINESS

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Se l’integrazione dell’AI nei sistemi e nei processi rappresenta la principale priorità di business per i manager nel 2025 (54%) i CFO, in particolare, ne riconoscono il potenziale per aumentare la produttività e come catalizzatore di crescita e innovazione: il 64% afferma che una workforce formata con l’IA è l’azione che probabilmente aumenterà maggiormente il valore complessivo della loro organizzazione rispetto al 45% dei CEO. Del resto le aziende che utilizzano l’IA iniziano a vederne i benefici e, con investimenti costanti, potrebbero accelerare la crescita ancora più rapidamente. Oltre a ricavi e redditività, la priorità per le imprese a forte crescita è proprio aumentare sistemi e processi integrati con l’IA (73%), migliorando l’agilità e la produttività della forza lavoro. L’obiettivo è di risparmiare tempo e costi, permettendo così al personale di dedicarsi ad attività a maggior valore aggiunto. In un mondo in cui l’IA è sempre più collegata alle performance, tuttavia il 69% dei responsabili delle risorse umane intervistati nel Global Talent Trends Pulse Survey ha affermato di non utilizzare attualmente l’IA generativa in alcuna forma. “L’investimento in strumenti e adozione dell’AI era tra le iniziative people di maggior impatto già nel 2024 per oltre la metà dei C-Level italiani. Il tempo però sta per scadere – conclude Morelli –; se le aziende non agiscono ora, potrebbero faticare a tenere il passo con gli early adopters, man mano che le lacune in termini di conoscenze e competenze si amplieranno, mettendo a rischio non solo la sostenibilità della propria organizzazione, ma anche l’occupabilità e il benessere delle proprie persone”. Da segnalare, infine, che se la sostenibilità come fonte di vantaggio competitivo compare tra le prime tre priorità, solo il 12% degli ad considera la transizione climatica come un importante fattore di preoccupazione per il business. L’82% dei manager afferma anzi che il proprio CEO e il proprio CFO potrebbero allinearsi maggiormente sulle strategie per bilanciare gli obiettivi di produttività e sostenibilità.

(Foto: Glenn Carstens-Peters su Unsplash)



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