Il Governo siriano del jihadista, ancora non ha rinnegato la sua ideologia, Ahmed Al-Charaa, continua a caratterizzarsi sia per l’apertura verso la pluralità religiosa, sociale e di genere, sia per la rete diplomatica che sta tessendo con estrema capacità comunicativa e crescente credibilità. La nomina della ministra Hind Kabawat al Ministero degli Affari sociali e del Lavoro, una donna cristiana cattolica, in un contesto di uomini musulmani, ha mostrato quanto le promesse fatte dal quarantenne presidente di transizione, siano state per ora rispettate. L’individuazione di professionalità elevate per la copertura dei 23 ministeri è un altro aspetto di notevole interesse che, a livello internazionale, rende apparentemente affidabile questo Esecutivo frutto di un colpo di Stato, modalità di avvicendamento politico non inusuale a livello planetario. Tra le professionalità presenti nei dicasteri possiamo notare la figura di Abdulsalam Haykal (indipendente), incaricato come ministro delle Telecomunicazioni; un uomo dal curriculum impeccabile, laureatosi all’Università americana di Beirut e alla School of Oriental and African Studies, Soas, University of London.
L’attività lavorativa lo vede come imprenditore di successo, membro del Consiglio consultivo per la lingua araba del Governo degli Emirati Arabi Uniti, del Consiglio di amministrazione dell’Università americana di Beirut e del Comitato consultivo dell’Istituto di Intelligenza artificiale e Scienze umanistiche della New York University di Abu Dhabi. Ha ricevuto anche il Premio per l’Innovazione dell’Arab Thought Foundation e la nomina dal World Economic Forum, di Young Global Leader. Haykal il giorno del suo insediamento, il 29 marzo, ha presentato il livello di tecnologia che intende applicare tramite il suo ministero; una innovazione tecnologica che utilizzerà tutte le piattaforme disponibili per rendere moderno e agevole ogni aspetto dello sviluppo culturale ed economico del Paese. Ha anche affermato che il suo primo discorso da ministro, considerato prolisso, è stato ridotto dall’uso della ChatGpt, che è una chatbot, un programma informatico simulante una conversazione, basato sull’intelligenza artificiale. Questa tecnologia è ben nota e sfruttata dal neo ministro delle Telecomunicazioni, imprenditore di successo e ceo di svariate imprese non solo dislocate nei Paesi arabi. Immaginando il periodo in cui i jihadisti, ora al Governo, imperversavano crudelmente lungo la Siria, resta anche interessante sapere che durante il periodo di occupazione, iniziato nel 2017, della parte nord del Paese in particolare la provincia di Idlib, roccaforte jihadista, proprio in questo territorio gli estremisti islamici hanno organizzato un modello amministrativo basato sulle nuove tecnologie, e dopo la conquista di Damasco l’8 dicembre 2024, il neo presidente Ahmed Al-Charaa ha promesso di portare la Siria nell’era della trasformazione tecnologica.
Un’apertura alla modernità e all’avanguardia scientifica, che se letta osservando il processo ideologico estremista alla base della rivoluzione, e la radice ideologica che lo ha guidato, pone interrogativi che potrebbero rivelare alcuni apparenti contrasti tra la “tradizione estremista religiosa” e la “laicità tecnologica”, necessariamente aperta all’esterno, oggi punto forte della nuova Siria. Queste caratteristiche di innovazione portate avanti da ministri apparentemente non “oscurantisti”, altro concetto stridente con la rigidità professata dalla fede di una coalizione islamista al potere, sta conducendo molte diplomazie ad aprire contatti con il nuovo Governo siriano che proprio grazie alla sua, ai più inaspettata, vena pseudo laica, da idea di garantire stabilità e certezze. Così, un dialogo ufficiale di vertice, si è aperto all’inizio della scorsa settimana tra Libano e Siria, due Paesi uniti da un destino comune, ma divisi da controversie legate soprattutto ai movimenti estremisti presenti prima del colpo di Stato che ha deposto Bashar al-Assad, ovvero tra gli sciiti siriani legati a Teheran e gli Hezbollah, sciiti libanesi, islamisti e antisionisti, anch’essi legati all’Iran.
Il vertice si è svolto a Damasco tra il capo del Governo libanese, Nawaf Salam e il presidente di transizione siriano Ahmed Al-Charaa. Le basi del dialogo tra i due Paesi hanno tracciato una linea definita “nuova pagina”, dove il rispetto reciproco e la non ingerenza, oltre il favorire rapporti di buon vicinato, dovranno essere strutturali a questo nuovo momento relazionale. Un quadro diplomatico dal quale non è estranea l’onnipresente Arabia Saudita che esercita un ascendente non irrilevante sui due Governi. Riad a seguito degli stravolgimenti regionali causati sia dalla caduta di Assad, sia dall’indebolimento di Hezbollah causato dal conflitto con Israele, è alla ricerca di riconquistare spazi di influenza sia in Siria che in Libano. Riad a fine di marzo ha anche patrocinato un accordo tra i ministri della Difesa libanese e siriana per controllare il loro confine comune lungo quasi 400 chilometri. Un controllo che potrebbe coinvolgere le forze di tutti e tre i Paesi, anche per frenare scontri armati tra fazioni anarchiche che si stanno verificando da gennaio su questo confine. Un confine definibile molto permeabile, teatro di numerosi traffici di materiale di ogni genere, comprese armi. Il nuovo potere siriano sta operando una politica inclusiva sia a livello interno che esterno, che al momento è rappresentata da una visione proiettata verso una rappresentanza “politica” da Stato laico, con una tecnologia all’avanguardia, e non da un Paese governato da estremisti islamici che hanno fatto del Jihad la loro bandiera e la loro ragione di vita, almeno apparentemente. Ricordo che su ventitré ministri sedici appartengono al movimento islamista siriano Hts, Tahrir al-Sham, una formazione salafita che trae origine dal gruppo estremista islamico Al Qaida.
Aggiornato il 22 aprile 2025 alle ore 11:32
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